Diritto all’oblio: ammessa la deindicizzazione se le informazioni sono false

Diritto all’oblio: ammessa la deindicizzazione se le informazioni sono false
09 Marzo 2023: Diritto all’oblio: ammessa la deindicizzazione se le informazioni sono false 09 Marzo 2023

IL FATTO. Due dirigenti di un gruppo di società di investimenti avevano chiesto a Google, in qualità di titolare del trattamento dei dati personali effettuato dal suo motore di ricerca, da un lato di deindicizzare dall’elenco dei risultati di ricerca effettuata sul web a partire dai loro nomi i link che rimandavano ad alcuni articoli, in quanto contenenti affermazioni inesatte e opinioni diffamatorie e, dall’altro, di ritirare le loro fotografie, visualizzate sotto forma di miniature dall’elenco dei risultati di ricerca. Google si rifiutava di dare seguito alla richiesta, rinviando al contesto professionale in cui si inserivano gli articoli e le fotografie ed invocando la propria ignoranza quanto alla pretesa inesattezza delle informazioni contenute in tali articoli.

I due dirigenti adivano quindi il Tribunale tedesco con ricorso diretto ad ingiungere a Google di deindicizzare dai propri elenchi di risultati di ricerca i link che rimandavano ad alcuni articoli e di porre fine alla visualizzazione sotto forma di miniatura delle loro fotografie. Il ricorso veniva respinto. Veniva quindi proposto ricorso per cassazione dinanzi alla Corte federale di giustizia della Germania, la quale aveva però riteneva opportuno chiedere alla Corte di giustizia europea di interpretare il regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) che disciplina in particolare il diritto all’oblio.

LA DECISIONE. La Corte di Giustizia UE, con la sentenza dell’8 dicembre 2022, ha anzitutto affermato che “il gestore di un motore di ricerca, investito di una domanda di cancellazione, deve verificare se l’inserimento del link verso la pagina internet in questione nell’elenco visualizzato a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome dell’interessato sia necessario per l’esercizio del diritto alla libertà di informazione degli utenti di internet potenzialmente interessati ad avere acceso a tale pagina internet mediante una ricerca siffatta, libertà che è protetta dall’art. 11 della Carta”.

La Corte ha poi evidenziato come per effettuare “un bilanciamento tra il diritto al rispetto della vita privata e il diritto alla libertà espressione” si devono valutare i seguenti aspetti “il contributo a un dibattito di interesse generale, la notorietà della persona che tali dati riguardano, l’oggetto del reportage, la condotta anteriore di tale persona, il contenuto, la forma e le conseguenze della pubblicazione, le modalità e le circostanze in cui tali informazioni sono state ottenute”.

E’ quindi, secondo la Corte, alla luce di tali considerazioni che è necessario esaminare a quali condizioni il gestore di un motore di ricerca sia tenuto ad accogliere una richiesta di deindicizzaizone.

La Corte ha poi precisato che, anzitutto, spetta alla persona che richiede la deindicizzazione per l’inesattezza di un contenuto indicizzato “dimostrare l’inesattezza manifesta delle informazioni che compaiono in detto contenuto”, mentre per quanto riguarda gli obblighi e le responsabilità incombenti al gestore del motore di ricerca questo “non può essere tenuto a svolgere un ruolo attivo nella ricerca di elementi di fatto che non sono suffragati dalla richiesta di cancellazione, al fine di determinare la fondatezza di tale richiesta”.

In conclusione, quindi, il gestore di un motore di ricerca in internet è tenuto ad accogliere la domanda di deindicizzazione se il richiedente presenti elementi di prova pertinenti e sufficienti, tali da corroborare la sua richiesta ed atti a dimostrare il carattere manifestamente inesatto delle informazioni incluse nel contenuto indicizzato.

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